C'è questo programma americano che si chiama "Are You Smarter than a 5th Grader" ("Sei più bravo di uno di quinta elementare?"). È una roba tipo "Chi vuol essere milionario", solo che la gara è tra un adulto e un bambino. Tutto il divertimento sta nel vedere gli adulti coprirsi di ridicolo mentre annaspano nel rispondere a domande calibrate sul livello di uno scolaro delle elementari. Bene. Nell'ultima puntata della stagione hanno deciso di invitare un premio Nobel, per vedere come se la cavava.
Il premio Nobel era George Smoot. Ha vinto lui. Un milione di dollari.
25 settembre 2009
17 settembre 2009
Planck: prime immagini

Ora se ne può parlare. L'ESA ha appena rilasciato ufficialmente le prime immagini prese dal satellite Planck. Sono state ricostruite dai dati ottenuti durante la fase di prova, iniziata immediatamente dopo l'arrivo nel punto lagrangiano L2 e durata due settimane. Nell'immagine sopra c'è la striscia di cielo che Planck ha osservato, sovrapposta a una mappa di tutto il cielo visibile a occhio nudo (si vede bene la Via Lattea). Le piccole macchie rosse e blu sono fluttuazioni di temperatura della radiazione cosmica di fondo mentre la striscia rossa orizzontale è dovuta alle microonde emesse dalla nostra galassia.
Qui sotto invece c'è un ingrandimento di un'area lontana dalla Via Lattea (che quindi contiene prevalentemente il segnale del fondo cosmico) vista indipendentemente dai due strumenti a bordo di Planck:

Insomma, il giocattolo si sta comportando benissimo. È ovvio che si tratta solo di un antipasto. Ma se le cose continuano come devono, i prossimi mesi saranno eccitanti.
(Aggiornamento: qui c'è il comunicato ASI-INAF in italiano)
(Crediti immagini: © ESA, LFI & HFI Consortia (Planck))
9 settembre 2009
Ho visto la luce

Dopo la riparazione di maggio scorso, l'Hubble Space Telescope ha ripreso a funzionare, e ci vede molto meglio.
4 settembre 2009
Vite degli astronomi /7. Henrietta Leavitt (1868-1921)
Nelle foto che restano di lei, Henrietta Leavitt sembra la sorella di Emily Dickinson. Stessi colletti alti di pizzo, stesse maniche lunghe, stessa aria seria e meditabonda. Pare di vederle, entrambe sedute a un tavolo, chiuse in una stanza con le finestre alte da cui si vedono le querce rosse del Massachusetts: Emily a scrivere poesie, Henrietta a studiare lastre fotografiche.
A quei tempi, le donne non avevano accesso ai telescopi. Quelle che lavoravano negli osservatori lo facevano come calcolatori umani: ore e ore a fare operazioni lunghe e ripetitive, giorni passati a riempire pagine di numeri, a macinare logaritmi e sviluppi in serie. Gli uomini facevano scienza, pubblicavano saggi e viaggiavano per il mondo tra università e congressi; le donne restavano nell'ombra, sottopagate, ad analizzare numeri e dati.
Nel 1895, quando Henrietta arrivò all'Harvard College Observatory, una meningite l'aveva appena resa completamente sorda. Si offrì come volontaria non retribuita, e il direttore trovò per lei uno di questi lavori meccanici che nessun astronomo maschio avrebbe mai fatto. Si trattava di analizzare decine, centinaia di lastre fotografiche dello stesso oggetto celeste — una stella o una nebulosa — per individuare e misurare piccole variazioni di luminosità. Henrietta aveva il compito di trovare le stelle che mostravano una variazione di luminosità periodica. Con grande tenacia e dedizione, Leavitt si consacrò a questo lavoro ingrato, scoprendo alcune migliaia di queste stelle variabili — il catalogo più ricco esistente ai suoi tempi.
Ma se Henrietta Leavitt si fosse limitata a eseguire con scrupolo il compito ripetitivo che le era stato assegnato, oggi sarebbe solo una delle tante anonime e dimenticate calcolatrici umane dell'astronomia ottocentesca. La passione e la curiosità la spinsero invece a cercare di estrarre informazioni più profonde, a stabilire legami e relazioni matematiche tra le quantità che leggeva nelle lastre. Così, si accorse che per una classe particolare di stelle variabili, chiamate Cefeidi, esisteva una precisa relazione tra il periodo di variazione e la luminosità. Più lenta era la variazione, più luminosa era la stella. Era una scoperta formidabile, perché conoscere la luminosità di una stella equivale a conoscere la sua distanza. Da quel momento in poi, il segnale pulsante di una Cefeide in una galassia lontana sarebbe stato come una targa chilometrica lasciata lì per noi dalla natura.
Emily Dickinson, dalla sua stanzetta di Amherst, passò la vita a immaginare l'infinito. Henrietta Leavitt consegnò all'umanità il metro per misurare l'universo.
Quando nel 1924 un accademico svedese la propose per il premio Nobel, scoprì che era morta qualche anno prima.
A quei tempi, le donne non avevano accesso ai telescopi. Quelle che lavoravano negli osservatori lo facevano come calcolatori umani: ore e ore a fare operazioni lunghe e ripetitive, giorni passati a riempire pagine di numeri, a macinare logaritmi e sviluppi in serie. Gli uomini facevano scienza, pubblicavano saggi e viaggiavano per il mondo tra università e congressi; le donne restavano nell'ombra, sottopagate, ad analizzare numeri e dati.
Nel 1895, quando Henrietta arrivò all'Harvard College Observatory, una meningite l'aveva appena resa completamente sorda. Si offrì come volontaria non retribuita, e il direttore trovò per lei uno di questi lavori meccanici che nessun astronomo maschio avrebbe mai fatto. Si trattava di analizzare decine, centinaia di lastre fotografiche dello stesso oggetto celeste — una stella o una nebulosa — per individuare e misurare piccole variazioni di luminosità. Henrietta aveva il compito di trovare le stelle che mostravano una variazione di luminosità periodica. Con grande tenacia e dedizione, Leavitt si consacrò a questo lavoro ingrato, scoprendo alcune migliaia di queste stelle variabili — il catalogo più ricco esistente ai suoi tempi.
Ma se Henrietta Leavitt si fosse limitata a eseguire con scrupolo il compito ripetitivo che le era stato assegnato, oggi sarebbe solo una delle tante anonime e dimenticate calcolatrici umane dell'astronomia ottocentesca. La passione e la curiosità la spinsero invece a cercare di estrarre informazioni più profonde, a stabilire legami e relazioni matematiche tra le quantità che leggeva nelle lastre. Così, si accorse che per una classe particolare di stelle variabili, chiamate Cefeidi, esisteva una precisa relazione tra il periodo di variazione e la luminosità. Più lenta era la variazione, più luminosa era la stella. Era una scoperta formidabile, perché conoscere la luminosità di una stella equivale a conoscere la sua distanza. Da quel momento in poi, il segnale pulsante di una Cefeide in una galassia lontana sarebbe stato come una targa chilometrica lasciata lì per noi dalla natura.
Emily Dickinson, dalla sua stanzetta di Amherst, passò la vita a immaginare l'infinito. Henrietta Leavitt consegnò all'umanità il metro per misurare l'universo.
Quando nel 1924 un accademico svedese la propose per il premio Nobel, scoprì che era morta qualche anno prima.
2 settembre 2009
Flashforward
Se seguite Lost, il fatto che esista un romanzo che si chiama Flashforward
, che il suo autore si chiami Robert Sawyer, e che la storia abbia a che fare con salti temporali e temi come il conflitto tra libero arbitrio e destino, potrebbe incuriosirvi. A maggior ragione sapendo che da questo libro la ABC ha deciso di trarre una serie che partirà a fine settembre, con l'intento dichiarato di prendere proprio il posto che verrà lasciato libero da Lost.
Non so come sarà la serie, ma il libro l'ho letto quest'estate e la storia è veramente coi fiocchi, ben eseguita, con un'idea di partenza semplice e geniale allo stesso tempo. Fantascienza di questo livello non ne leggevo da un po'. (Poi, la ABC si guarderà bene dal vendervela come serie di fantascienza, come spiega lo stesso Sawyer sul suo blog.)
Non so come sarà la serie, ma il libro l'ho letto quest'estate e la storia è veramente coi fiocchi, ben eseguita, con un'idea di partenza semplice e geniale allo stesso tempo. Fantascienza di questo livello non ne leggevo da un po'. (Poi, la ABC si guarderà bene dal vendervela come serie di fantascienza, come spiega lo stesso Sawyer sul suo blog.)
1 settembre 2009
Fuochi
Intanto, l'incendio che da qualche giorno circonda Los Angeles rischia di mangiarsi Mount Wilson, dove, oltre alle torri di comunicazione della città, c'è l'osservatorio da cui Edwin Hubble scoprì l'espansione dell'universo. Il Jet Propulsion Laboratory invece è stato evacuato per un paio di giorni, ma ora dovrebbe essere al sicuro.
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