Nel 1985, Carl Sagan sta scrivendo Contact e a un certo punto ha bisogno di un modo plausibile per far viaggiare la protagonista del romanzo attraverso la Galassia. Gli viene in mente di farla entrare in un buco nero e risbucare in un altro punto dello spazio, ma non è sicuro che la cosa possa funzionare. Decide allora di chiamare il suo amico e collega Kip Thorne, che sta a Caltech ed è uno dei massimi esperti dell'argomento. Thorne legge il manoscritto e si accorge subito che il meccanismo ideato da Sagan non sta in piedi: qualsiasi cosa entri in un buco nero fa una brutta fine, altro che viaggi interstellari. Però, pensa Thorne, si potrebbe provare a usare un "wormhole" (buco di verme).
Un wormhole è una specie di buco nello spazio, che mette in comunicazione due punti molto distanti attraverso una scorciatoia. Se lo spazio avesse solo due dimensioni, uno schema di wormhole sarebbe così:
Se uno volesse andare dal punto A al punto B attraverso lo spazio ordinario dovrebbe fare un percorso molto lungo, magari di parecchi anni luce. Ma passando attraverso il wormhole il percorso sarebbe molto più breve. Ora, i wormhole sono soluzioni matematiche delle equazioni di Einstein perfettamente valide, scoperte addirittura nel lontano 1916 (il nome però glielo ha dato John Wheeler, che li ha studiati parecchio negli anni '50). Ma queste soluzioni, oltre che descrivere una situazione fisica altamente ipotetica, sono quasi sempre instabili: un wormhole, anche ammesso che si apra, si richiuderebbe in un lasso di tempo brevissimo.
Per aiutare Sagan, a Thorne serve invece un wormhole stabile, che possa essere attraversato da una parte all'altra, mettendo in comunicazione due punti distanti della Galassia. Thorne fa qualche calcolo e arriva alla conclusione che si può mantenere aperto un wormhole in presenza di qualche tipo di materia molto strana, con densità di energia negativa. Dopo aver studiato ancora un po' il problema insieme a un suo studente, pubblica il risultato, più che altro come una pura curiosità didattica.
Poi però ci prende gusto, continua a lavorare al problema (un po' di straforo, per la verità, visto che l'argomento è di quelli che possono distruggere una carriera) e a un certo punto si accorge che se uno ha un wormhole allora ha anche una macchina del tempo. Cioè, non proprio bell'e pronta: deve "solo" prendere uno dei due ingressi del wormhole, accelerarlo a velocità prossime a quelle della luce e poi portarlo al punto di partenza. Fatto questo, per un fenomeno simile a quello del paradosso dei gemelli, attraversando il wormhole si viaggia anche avanti e indietro nel tempo: con il vincolo, però, di non poter mai tornare a tempi precedenti a quelli della creazione del wormhole.
Dal primo lavoro di Thorne, sono successe due cose. La prima, è che oltre a salvare il romanzo di Sagan, il wormhole è diventato una pacchia per gli autori di fantascienza (Star Trek Deep Space Nine e Stargate, tanto per fare due esempi). Lo stesso Thorne sta collaborando alla preparazione di "Interstellar", un film di Spielberg su un gruppo di esploratori che attraversano un wormhole. La seconda è che i cosmologi hanno cominciato a considerare un po' meno implausibile un tipo di materia con le caratteristiche ipotizzate da Thorne, visto che essa potrebbe spiegare l'osservazione dell'espansione accelerata dell'Universo. Ragion per cui, l'interesse per queste strane soluzioni della relatività generale è aumentato, invece di diminuire.
Ma tutto è partito da una domanda nata per scrivere un buon libro di fantascienza.
(Continua qui. La prima parte è qui)