10 luglio 2007
Strani mondi
C'è una versione ancora più estrema del colpo di fortuna cosmico cui ho accennato qualche tempo fa. Secondo alcuni punti di vista - che emergono nel contesto della teoria delle stringhe e in particolare della cosiddetta teoria M - non c'è stato bisogno soltanto di un universo enorme, vecchio e pieno di stelle, perché la vita potesse originarsi e attecchire anche solo su un singolo pianeta. Forse, sono stati necessari molti universi, ognuno con leggi fisiche e costanti di natura diverse e casuali, per avere un universo con caratteristiche adatte a ospitare osservatori consapevoli. Un gigantesco sperpero di mondi paralleli, ognuno separato per sempre dall'altro senza speranza di comunicazione, in cui tutte le possibilità hanno preso forma, portando a esiti radicalmente diversi. Universi che sono nati e morti in una frazione di secondo, o che si sono espansi su scale gigantesche in un batter d'occhio, dando vita a distese di spazio fredde e desolate. Universi in cui la carica elettrica dell'elettrone, o il rapporto tra la sua massa e quella del protone, sono stati tali da non consentire nessun tipo di chimica, o in cui la forza nucleare forte non è stata adatta all'innescarsi delle reazioni di fusione che mantengono in vita le stelle. Tra tutti questi infiniti mondi, solo quelli con caratteristiche molto specifiche sarebbero osservabili, perché gli altri non conterrebbero forme di vita intelligente. E allora eccoci qua, a meravigliarci di osservare un universo che sembra fatto apposta per noi: ma la nostra osservazione sarebbe viziata da un errore di prospettiva. Pesci che pensano che tutto il mondo sia fatto d'acqua.