29 gennaio 2011

Letture per il fine settimana

  • Popinga: Galileo e le guerre dei telescopi. "Galileo non fu il solo astronomo a puntare verso il cielo il telescopio nei primi anni dopo la sua invenzione in Olanda nel 1608. In realtà tutte le scoperte astronomiche ottenute con il nuovo strumento, per le quali è famoso lo scienziato pisano, furono fatte nello stesso periodo anche da altri osservatori, le cui storie spesso si incrociano in un periodo in cui la corrispondenza tra gli uomini di scienza e la loro mobilità erano assai più intense di quanto oggi siamo portati a pensare."
  • xkcd: Local g "Did you know that because of centrifugal force and the shape of the Earth, "gravity" can vary by nearly half a percent between major cities?"

26 gennaio 2011

Si fa presto a dire galassia

Tutti quanti (anche io), quando devono spiegare con parole semplici cosa sia una galassia, dicono che è un insieme di (tante) stelle, legate dalla forza di gravità. Come per tutti i criteri di classificazione, però, è facile trovare un contro-esempio che manda tutto all'aria. Un ammasso globulare è un insieme di milioni di stelle legate dalla forza di gravità, ma non è ritenuto una galassia.

Penserete che questa ambiguità sia dovuta unicamente all'aver semplificato le cose per raccontarle a tutti, e che gli astronomi abbiano infallibili criteri per dirimere la questione. E invece salta fuori che i primi a non avere le idee completamente chiare sono proprio loro. Esistono aggregati di stelle, compatti, sferoidali e poco luminosi, che somigliano ad ammassi globulari ma, al contrario di questi, non si trovano all'interno di altre galassie. Potrebbero essere quindi considerati galassie a loro volta, sebbene di un tipo nuovo. Oppure no.

Questi oggetti sono gli ornitorinchi dell'astrofisica.

Per trovare una definizione di galassia soddisfacente, recentemente c'è stato chi ha proposto questi cinque criteri (in aggiunta a quello ovvio di "tante stelle legate dalla gravità"):

  1. Le stelle devono essere di tipo diverso;
  2. Il sistema deve essere stabile (questo è un punto un po' tecnico, ma semplificando si può dire che una galassia deve aver raggiunto uno stato in cui è solo la gravità, e non le collisioni, a stabilire la traiettoria delle stelle); 
  3. Deve avere un raggio più grande di circa 300 anni luce;
  4. Deve avere altri sistemi stellari come satelliti;
  5. Deve contenere materia oscura (una materia di tipo sconosciuto e non direttamente osservabile, che fa da collante gravitazionale nelle strutture più grandi osservate nell'universo - come immaginerete, non sarà facilissimo capire quando il criterio è soddisfatto).
Questi criteri eliminerebbero molti oggetti compatti (ma non tutti) dal novero delle galassie. Ma le classificazioni sono sempre arbitrarie, e resteranno zone grigie. 

Comunque, in un impeto di democrazia partecipativa (e per evitare i mal di pancia che hanno accompagnato — in un caso analogo di frenesia classificatoria — l'espulsione di Plutone dal club dei pianeti del sistema solare), gli autori hanno pensato bene di mettere in piedi un sondaggio, aperto a tutti, per selezionare i criteri preferiti (o trovarne altri). Si vota qua.

[Duncan Forbes, Pavel Kroupa (2011). What is a Galaxy? Cast your vote here... ArXiv DOI: http://arxiv.org/abs/1101.3309]

24 gennaio 2011

Pionieri

"Static from the stars" - Popular Science (Gen. 1948) [Da Modern Mechanix

Qualche giorno fa, sul sempre notevole Modern Mechanix, c'era la riproduzione di un articolo uscito nel 1948 su Popular Science che parlava di Grote Reber. Reber è una figura cruciale ma poco conosciuta dell'astronomia moderna. Era un appassionato di apparecchi radio che, dopo aver saputo che Karl Jansky aveva per primo captato onde radio provenienti dalla Via Lattea, si era costruito una parabola in giardino e si era messo a studiare quelle emissioni elettromagnetiche, di cui all'epoca non era chiara la causa, e che gli astronomi professionisti (abituati a usare telescopi, non antenne) avevano fino ad allora snobbato. Di lì a poco sarebbe esplosa una nuova disciplina, la radioastronomia, e l'articolo di Popular Science coglie molto bene il clima di quella fase di transizione. Si stava superando l'epoca dell'astronomia ottica — fino a quel momento, l'unico canale di informazione sull'universo — per entrare nell'era dei grandi radiotelescopi. È un po' come leggere una cronaca scritta all'epoca in cui Galileo iniziava a usare il cannocchiale (ah, già, quella cronaca esiste: si chiama Sidereus Nuncius). E Reber — armato di spirito di iniziativa e di una parabola fatta in casa — fu uno dei pionieri della nuova frontiera.

18 gennaio 2011

Se l'è presa comoda

Nettuno, l'ottavo pianeta del sistema solare, sta per completare il primo giro intorno al Sole da quando è stato scoperto, nel 1846.

(E no, non ci ha messo tutto questo tempo solo perché il cammino da percorrere lungo l'orbita è molto lungo, ma anche perché si sposta lentamente. L'orbita di un pianeta è il risultato dell'equilibrio tra forza di gravità e forza centrifuga. Allontanandosi dal Sole, la forza di gravità diminuisce, e la velocità necessaria a mantenere l'equilibrio deve diminuire di conseguenza. La velocità orbitale media di Nettuno è di circa 5,43 km/s, quella della Terra è circa sei volte più grande.)

15 gennaio 2011

I primi risultati di Planck

Arrivo buon ultimo a raccontarvi dei primi risultati scientifici di Planck, che sono apparsi all'inizio della settimana e di cui, a questo punto, avrete senz'altro letto abbondantemente in giro. Essendo coinvolto personalmente nella faccenda, ho procrastinato la scrittura del post: un po' per mancanza di tempo, un po' perché volevo scrivere chissà cosa. In ogni caso, eccoci qua.

I 25 articoli spediti ad Astronomy and Astrophysics descrivono la missione nel suo complesso (come è stata progettata, come procede, e come vengono analizzati i dati) e il suo primo prodotto scientifico: l'Early Release Compact Source Catalogue (ERCSC), ovvero un catalogo di sorgenti astrofisiche compatte che non sono il principale obiettivo delle osservazioni, ma qualcosa che si frappone fra il telescopio e la lontanissima radiazione cosmica di fondo — l'immagine dell'universo primordiale che Planck sta provando a ricostruire con un dettaglio mai raggiunto prima. Da queste parti lo abbiamo ripetuto in abbondanza: per ora, stiamo sfruttando una minima parte del potenziale scientifico di Planck. E anche se l'ERCSC è un passo importante verso i risultati finali, siamo ancora all'inizio. In pratica, come dice il mio collega Charles Lawrence, stiamo guardando i moscerini sul parabrezza.


Ma sono moscerini importanti. Quello fatto da Planck è un catalogo che copre tutto il cielo, a nove frequenze diverse: e dentro ci si trovano, ad esempio, galassie antichissime, avvolte in mantelli di polvere, dentro le quali si formano stelle a un ritmo molto più alto di quello dell'universo attuale; oppure giganteschi ammassi o super-ammassi di galassie; o, ancora, agglomerati di polvere fredda sparsi nella nostra galassia. Tutti questi dati potranno aiutare gli astrofisici a comprendere meglio la formazione di strutture e di stelle nell'universo, oppure a chiarire i meccanismi attraverso cui la polvere galattica irradia onde elettromagnetiche in modo anomalo rispetto alle previsioni dei modelli attuali.

Adesso, ci aspettano altri due anni di lavoro prima dei risultati finali, quando Planck ci dirà cosa è successo nei primi istanti di vita dell'universo. Nel frattempo, non è escluso che ci siano altri assaggi.

[The Planck Collaboration (2011). Planck Early Results: The Planck mission. Astronomy and Astrophysics DOI: http://arxiv.org/abs/1101.2022]

11 gennaio 2011

Un postaccio


La NASA ha provato a immaginare come potrebbe essere il pianeta roccioso appena scoperto da Kepler (ne parlo sul Post).

5 gennaio 2011

Sole e nuvole (soprattutto nuvole)

Si, ’st’ecrisse che fanno li scenziati,
nu’ lo nego, sarà una cosa bella,
ma però tutti l’anni è ‘na storiella,
ciarimanemo sempre cojonati.

L’antr’anno mi’ fratello pe’ vedella
ce venne espressamente da Frascati,
stette un’ora coll’occhi spalancati
senza poté scoprì manco ‘na stella

Se er celo è sempre nuvolo, succede
che un’antra volta, quanno la faranno,
nun ce sarà gnisuno che ce crede.

E io ciavrebbe gusto: perché quanno
er celo è annuvolato, chi la vede?
Che lo dicheno a fa’? Perché la fanno?
— Trilussa, L’eclisse (da Le poesie, Arnoldo Mondadori Editore, 1951)

La poesia, scoperta grazie al blog Stukhtra, descrive perfettamente quello che è capitato ieri, almeno dalle mie parti. Ma altrove le cose sono andate meglio, come potete vedere da questa galleria e dall'immagine qui sotto, che mostra, oltre alla Luna che inizia a coprire il Sole, anche il profilo della Stazione Spaziale Internazionale. (Se poi qualcuno di voi fosse riuscito a fare qualche bella foto e volesse bullarsi, può mandarmela, e la aggiungo a questo post.)

© Thierry Legault - astrophoto.fr

Le vostro foto:

© Peppe Liberti - Rangle

© Claudio Costa


3 gennaio 2011

L'anno inizia con l'eclissi


Come saprete, domani ci sarà un'eclissi parziale di Sole, visibile anche dall'Italia, più o meno tra le 7 e le 10, con il massimo di copertura (circa il 70% del disco solare) intorno alle 9 (l'orario esatto varia a seconda della città in cui vi trovate). La spettacolare immagine qui sopra, scattata dalla MIR durante l'eclissi del 1999, mostra chiaramente come mai un'eclissi non sia visibile da qualunque punto della superficie terrestre: la Luna, passando davanti al Sole, proietta un'ombra relativamente piccola sulla Terra.

È molto importante che non proviate a guardare il Sole direttamente, anche quando è parzialmente oscurato dalla Luna. Il modo più sicuro per assistere a un'eclissi è indirettamente, con una rudimentale camera oscura. Fate un piccolo buco in un cartoncino e, dando le spalle al Sole, fate passare la luce attraverso il buco, proiettandola su un altro cartoncino usato come schermo. Aggiustando la distanza dello schermo, dovreste riuscire a vedere l'immagine capovolta del Sole, e notare il passaggio della Luna.

Se invece decidete di guardare il Sole attraverso un filtro, sceglietelo accuratamente. Non fatevi ingannare dal fatto che il vostro filtro sembri attenuare la luce visibile: potrebbe ancora far passare molta radiazione elettromagnetica potenzialmente dannosa (per esempio i raggi infrarossi e gli ultravioletti). Gli unici filtri davvero sicuri sono quelli da saldatore con indice di protezione 14, oppure gli appositi filtri in Mylar (quelli con cui vengono fatti gli occhiali da eclissi). Assolutamente da evitare i negativi fotografici (di qualunque tipo, sia a colori che in bianco e nero o per raggi X, sia esposti che no), gli occhiali da sole, i vetri oscurati, ecc.