4 giugno 2012

Il transito di Venere

NASA/APOD

Nei prossimi due giorni (5 e 6 giugno) da molti punti della Terra sarà possibile assistere al transito di Venere davanti al disco del Sole. È un fenomeno che avviene con una periodicità un po' strana: due transiti separati da otto anni, poi un'attesa di 120 anni per vedere i prossimi due, e così via. L'ultimo transito c'era stato nel 2004, come qualcuno ricorderà, e per la prossima coppia bisognerà attendere il 2117 e il 2125.

A parte la rarità, cosa rende il transito di Venere interessante? Be', oggi viene osservato soprattutto per raffinare le tecniche usate per individuare pianeti intorno a stelle diverse dal Sole, basate proprio sull'allineamento tra stella e pianeta. Ma c'è stato un tempo in cui osservare accuratamente il transito di Venere era considerato uno degli obiettivi prioritari della ricerca in astronomia. Un'impresa complessa e avventurosa, uno dei primi esempi di collaborazione scientifica su scala mondiale. Il motivo è semplice: osservare il transito di Venere era la chiave per misurare con precisione la distanza della Terra dal Sole e, a cascata, quella di tutti gli altri pianeti.

Facciamo qualche passo indietro. Nel 1619, Keplero pubblicò la terza legge del moto planetario, che lega il periodo orbitale dei pianeti alla loro distanza dal Sole. Per l'esattezza:
"Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore della sua orbita."
Misurare le distanze, in astronomia, è complicato: misurare i tempi lo è molto meno. La terza legge di Keplero permetterebbe di determinare la distanza di un pianeta dal Sole a partire dal tempo che impiega a fare un giro completo intorno alla stella: una gran cosa. Ma c'è un problemino. Prendiamo il caso della Terra: sapendo che impiega un anno a fare un giro completo intorno al Sole, proviamo ad applicare la terza legge di Keplero per calcolare la sua distanza dal Sole. Facciamo il quadrato di un anno, e... un momento! Nella ricetta manca qualcosa! Che significa "è proporzionale"? Per quale numero dobbiamo moltiplicare il quadrato del periodo per ottenere il cubo della distanza? La terza legge di Keplero non ce lo dice. Un dettaglio non da poco: ai tempi di Keplero, erano note solo le distanze relative tra i pianeti e il Sole, non quelle assolute. Cioè: se stabiliamo che la distanza tra la Terra e il Sole vale 1, allora le distanze degli altri pianeti dal Sole sono 0,4 (Mercurio), 0,7 (Venere), 1,6 (Marte), 5,2 (Giove), 10 (Saturno) - e fermiamoci qui, ai pianeti noti al tempo di Keplero.

Resta allora il problema di capire la distanza vera tra la Terra e il Sole. E qui entra in ballo il transito di Venere. Immaginiamo di osservarlo da due punti diversi della Terra. A causa della differenza di latitudine, i due osservatori vedranno scorrere Venere sul disco del Sole ad "altezze" diverse. Lo schema è questo:

Applicando il metodo della parallasse, si potrà allora usare la separazione fra i percorsi osservati per misurare la distanza tra la Terra e Venere (qui trovate qualche dettaglio in più). A quel punto, grazie alla terza legge di Keplero, avremo anche le distanze di tutti gli altri pianeti. (Non sapete cos'è il metodo della parallasse? Qui c'è un video che lo spiega. Se non l'avete già visto è perché non mi seguite su Twitter, e allora rimediate!)

Nel 1678, Edmund Halley suggerì di applicare questo metodo nel primo transito di Venere a disposizione. Ci fu nel 1761: Halley nel frattempo era morto (poverino, anche la previsione del ritorno della celebre cometa fu verificata dopo che se n'era andato), ma gli astronomi si erano preparati, organizzando spedizioni in giro per il mondo. Addirittura, per il transito del 1769, uno degli osservatori fu installato nell'isola di Tahiti da poco scoperta, durante il primo viaggio del capitano Cook. (Qui c'è un breve resoconto della faccenda. Un altro lo potete trovare nel libro The Age of Wonder.) E insomma, alla fine l'osservazione del transito di Venere permise di determinare la distanza del Sole dalla Terra (l'Unità Astronomica, che oggi sappiamo essere 149,597,900 km): ovvero, il primo gradino per misurare tutto l'universo.


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