18 luglio 2011

Scelte obbligate

Uno dei problemi che mi affascina di più (non come argomento di ricerca, sia chiaro, ma come curiosità intellettuale) è quello del libero arbitrio (e a quanto pare non sono l'unico). Lo si può riformulare in molti modi diversi, ma in ultima analisi quello che mi pare mostri meglio l'aspetto paradossale della faccenda è: se l'universo è retto da leggi deterministiche, come mai abbiamo la sensazione di poter intervenire nel suo andamento? Facciamo parte noi stessi dell'universo, e non possiamo eludere le leggi della fisica. Siamo, in ultima analisi, un insieme di particelle, per quanto incredibilmente complesso; e il nostro stato attuale, in linea di principio, potrebbe essere calcolato a partire da condizioni iniziali arbitrariamente lontane nel passato. Cosa ci rende diversi da una galassia? Siamo anche noi, come qualunque altro sistema fisico, espressione di processi su cui non abbiamo possibilità di intervento, e il fatto di poterli governare è solo illusorio?

La riflessione su questi temi è talmente lunga e complessa che non proverò nemmeno a sintetizzarla qui: semplicemente non ne sarei capace. Ci sono in ballo moltissime sottigliezze, come la differenza tra determinismo e predicibilità (le leggi della fisica sono deterministiche, sì, anche quelle della meccanica quantistica, ma questo non significa che siamo sempre in grado di prevedere esattamente l'evoluzione di sistemi fisici arbitrari), la disputa tra riduzionismo e emergentismo; e naturalmente c'è sempre in agguato la scappatoia extra-naturalistica, secondo cui non saremmo completamente riducibili, nemmeno in linea di principio, alle leggi della fisica: scappatoia da cui uno che voglia provare a capire veramente come funzionano le cose deve tenersi alla larga. Comunque, per assaggiare la complessità della cosa, basta farsi trasportare dalle libere associazioni, partendo da un punto di partenza a caso: per esempio da questa voce di Wikipedia, che riassume i motivi per cui tanto il determinismo che l'indeterminismo, per opposte ragioni, escluderebbero la possibilità del libero arbitrio.

Naturalmente, ognuno tenderà a incaponirsi sui dilemmi della sua disciplina di riferimento: per un neuroscienziato, per esempio, la cosa interessante sarà investigare la coscienza, cercando di capire se in fondo quelle che il nostro cervello ci propina sono solo rappresentazioni di una realtà che si dipana indipendentemente da noi (come i fotogrammi di un film che persistono sulla retina) o se siamo genuinamente in grado di prendere decisioni che cambiano il corso delle cose.

A me, come cosmologo, interessano soprattutto due questioni: una, è se riavvolgendo il film dell'universo e partendo esattamente dalle stesse condizioni iniziali (enfasi su esattamente, che significa con precisione infinita) l'universo possa arrivare a un esito diverso: tenderei a dire di no. L'altra è la questione del tempo in relatività, e dell'impossibilità di stabilire la simultaneità degli eventi in modo assoluto: il mio futuro può essere il passato di qualcun altro, il che sembra non lasciare molto spazio all'idea di un futuro "flessibile". Il tempo sarebbe un blocco unico e se potessimo guardarlo tutto insieme ci renderemmo conto di essere cristallizzati come insetti nell'ambra (ma c'è dibattito anche su questo).

È ovvio che la risposta a tutte queste domande non la conosce nessuno. Ma pensarci è un buon esercizio speculativo. E comunque, forse non abbiamo altra scelta.
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