Ci sono almeno due ragioni per essere affascinati dai raggi cosmici. Il primo è che hanno un nome che sembra una delle armi di quei robottoni giapponesi che vedevamo da piccoli ("raggi cosmici!"). Il secondo è che, dopo quasi un secolo dalla loro scoperta, ancora non li capiamo completamente. Non è la loro composizione a essere misteriosa: sono per la maggior parte semplicemente protoni che entrano nell'atmosfera terrestre arrivando dallo spazio. Quello che è difficile spiegare è cosa possa aver spinto molti di questi protoni a viaggiare a velocità prossime a quelle della luce. L'ipotesi più probabile resta quella proposta da Enrico Fermi una sessantina di anni fa, ed è che essi siano stati accelerati da enormi campi magnetici, forse generati attorno a buchi neri o a resti di supernovae. Che le supernovae abbiano qualcosa a che fare con la produzione dei raggi cosmici più energetici sembra essere confermato dalle ultime osservazioni del satellite chiamato, guardacaso, Fermi, che ha notato una forte produzione di raggi gamma (un altro nome che sembra uscito dalla bocca di Goldrake, ma si tratta solo di radiazione elettromagnetica di altissima energia) dalle parti di stelle morte migliaia di anni fa. Se verrà confermato che quei raggi gamma sono stati prodotti da protoni veloci che hanno sbattuto su molecole di gas nei resti di supernovae, il mistero dei raggi cosmici potrebbe essere quasi risolto.
(Poi, per chi ama le storie, proprio oggi ho visto questo articolo che racconta quella di Domenico Pacini, l'uomo che scoprì i raggi cosmici ma fu dimenticato dal comitato del Nobel.)