Peccato che nel peraltro fedelissimo adattamento cinematografico di Watchmen, sia stata un po' ridimensionata quella che secondo me è una delle scene più belle del fumetto di Moore: quella in cui il Dr Manhattan, in esilio volontario su Marte, espone la sua visione del tempo. Per Manhattan, passato, presente e futuro hanno un'esistenza tangibile, e lui può contemplarli simultaneamente in un solo sguardo. Questo da un lato lo rende di fatto onnisciente; dall'altro lo disumanizza, perché i rapporti di causa-effetto gli appaiono completamente preordinati. L'affannarsi umano intorno al tempo che passa, i rimpianti sul passato e l'illusione di poter cambiare il futuro, sembrano a Manhattan insensati e ridicoli. Tutto è già scritto, congelato per sempre in una visione del tempo che non lascia spazio al libero arbitrio. E' evidente il riferimento colto all'undicesimo libro delle Confessioni, in cui Agostino, esponendo le sue idee sul tempo, pone Dio al di fuori del flusso delle cose mondane, e in grado di abbracciare l'eternità in un blocco unico. Se Dr Manhattan è fuori del tempo, è in qualche modo una figura con caratteristiche divine: "Dio esiste, ed è americano".
La cosa buffa è che da decenni ci sono filosofi e fisici che si incartano su un argomento connesso all'interpretazione della teoria della relatività di Einstein: secondo questo argomento, sarebbe inevitabile che lo spazio-tempo vada visto come un blocco unico. Se qualcuno è curioso, ha tempo da perdere, e soprattutto sa un minimo di relatività, qui c'è un articolo che fa sua l'interpretazione del "futuro già scritto", mentre qui c'è un post che analizza criticamente lo stesso articolo. Sappiate in anticipo, comunque, che non se ne viene fuori facilmente, perché il tutto ruota in ultima analisi intorno alla definizione e alla natura ontologica di concetti come "esistenza", "osservatore" e così via.
Resta il fatto che le pagine del Dr Manhattan su Marte sono un capolavoro.