18 gennaio 2015

L'uomo di Marte, ovvero un naufragio spaziale raccontato in modo credibile (altro che Gravity)

La prima pagina del copione de L'uomo di Marte, con disegno di Ridley Scott (dalla pagina FB di Andy Weir)

Durante le vacanze di Natale ho trovato finalmente un po' di tempo per leggere L'uomo di Marte. È un libro di fantascienza che racconta la storia di un astronauta dato erroneamente per morto dai suoi compagni di missione e lasciato da solo sulla superficie di Marte. Il libro è in larga parte il diario estremamente dettagliato e realistico dei tentativi del protagonista di sopravvivere e tornare sulla Terra: una lettura da supernerd, insomma, ma non solo, visto che il libro ha venduto uno sproposito di copie e Ridley Scott ne sta girando un film con un cast stellare. E pensare che l'autore, Andy Weir, inizialmente se lo era autopubblicato, prima a puntate su un blog e poi come ebook su Amazon. (La storia la racconta in questa intervista).

Il libro rende molto bene alcuni aspetti delle imprese spaziali che potrebbero sembrare ovvi ma che si tende a trascurare: per esempio la complessa gestione delle traiettorie orbitali, ma soprattutto il fatto che Marte è molto ostile, è lontano, ed è grande. Ci siamo andati molte volte, con le sonde e i rover, ma ne abbiamo percorso il suolo solo per qualche decina di chilometri, e nonostante abbiamo ormai mappe complete ad alta risoluzione della sua superficie, ritrovare qualcosa che è andato perduto lì sopra è complicato. Ne volete un esempio reale? Proprio l'altro ieri l'ESA ha annunciato di aver finalmente localizzato il lander Beagle-2: se ne erano perse le tracce mentre scendeva sul pianeta, ben undici anni fa.
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