4 luglio 2012

Un bosone c'è: è quello di Higgs?

Questa mattina, con un seminario e una conferenza stampa che nelle settimane passate sono state oggetto di grande attesa e di molte speculazioni (e che si possono vedere integralmente qui), gli scienziati del CERN che lavorano all'esperimento LHC hanno annunciato gli ultimi risultati a proposito della ricerca del bosone di Higgs. La sintesi è che i due esperimenti ATLAS e CMS hanno scoperto indipendentemente una nuova particella con caratteristiche compatibili con quelle che ci si aspetta per il bosone di Higgs (qui c'è il comunicato stampa ufficiale del CERN: notate la cautela con cui non si afferma esplicitamente che il bosone trovato sia proprio quel bosone). Nei prossimi giorni gli addetti ai lavori si addentreranno negli aspetti tecnici della questione, discutendo di significatività statistica, delle conseguenze per i modelli teorici, e dei nuovi fronti che si aprono nella ricerca fondamentale. Soprattutto, ATLAS e CMS continueranno a prendere dati e le migliaia di ricercatori che lavorano a quegli esperimenti continueranno ad analizzarli, per chiarire se il nuovo bosone è proprio il bosone di Higgs e non qualche altra particella ancora più strana (cosa che forse sarebbe ancora più interessante).

Ma diciamo la verità: a questo punto è estremamente probabile che, a meno di enormi sorprese, il 4 luglio 2012 sarà ricordato semplicemente come il giorno in cui tutto il mondo ha guardato per la prima volta in faccia il bosone di Higgs (e le lacrime di Peter Higgs, presente all'annuncio nell'auditorium del CERN, sono la manifestazione eclatante di questa sensazione diffusa).

In ogni caso, può essere utile un ripasso per capire perché i fisici si dannano da decenni per raccogliere le prove dell'esistenza di questa particella.

Perché c’è bisogno del bosone di Higgs?

I fisici tentano da decenni di sviluppare un modello teorico che consenta di descrivere le quattro interazioni esistenti in natura (quella elettromagnetica, la nucleare forte e la nucleare debole, e la gravità) come aspetti di un’unica interazione fondamentale. Il primo passo in questa direzione, compiuto negli anni Sessanta del XX secolo - principalmente grazie al lavoro di Sheldon Glashow, Steven Weinberg e Abdus Salam - è stata la messa a punto del cosiddetto modello elettrodebole, che, come dice il nome, è in grado di descrivere congiuntamente l’interazione elettromagnetica e quella nucleare debole.

Tuttavia, il modello elettrodebole originale aveva un problema: non riusciva a spiegare perché le particelle che esistono in natura abbiano una massa. In particolare, i bosoni W e Z (le particelle che “comunicano” l’interazione elettrodebole, così come il fotone “comunica” l’interazione elettromagnetica) risultavano privi di massa nel modello teorico. Nel mondo reale, invece, i bosoni W e Z hanno una massa molto grande: al contrario dei fotoni (privi di massa e in grado quindi di viaggiare alla velocità della luce), i bosoni W e Z riescono perciò a comunicare l'interazione debole solo a distanze brevissime. Anche le altre particelle elementari del modello standard – come l’elettrone o i quark – hanno una massa, e molto diversa fra loro. Da dove nasce?

La soluzione proposta per completare il modello elettrodebole e spiegare l’origine della massa delle particelle si basa sul lavoro teorico svolto indipendentemente, negli anni Sessanta, da Peter Higgs, da François Englert con Robert Brout e da Gerald Guralnik con C. R. Hagen e Tom Kibble. Il meccanismo risultante (che viene comunemente indicato con il nome del solo Higgs), si basa sull’idea di rottura spontanea di simmetria.

La rottura spontanea di simmetria

Il concetto di rottura di simmetria può essere compreso con un’analogia. Prendiamo una sottile barra cilindrica di metallo, è poggiamola in verticale su una superficie dura. Se ora ruotiamo la barra intorno al suo asse verticale, non notiamo nessun cambiamento: il sistema è perfettamente simmetrico rispetto a queste rotazioni. Ora, iniziamo ad applicare una pressione dall’alto verso il basso sull’estremità superiore della barra. Dapprima non succederà nulla, ma appena la pressione sarà abbastanza grande (superando un valore critico che dipende dalle caratteristiche fisiche del sistema) la barra improvvisamente si incurverà. Non possiamo prevedere verso quale delle infinite direzioni possibili si creerà la gobba. Quello che sappiamo, però, è che questa nuova configurazione del sistema non è più simmetrica rispetto alle rotazioni intorno all’asse verticale. Se infatti ora facciamo ruotare la barra curva, alteriamo la direzione verso cui punta la gobba e cambiamo le condizioni del sistema. La simmetria iniziale si è rotta.

La rottura spontanea di simmetria si presenta molte volte in natura, in contesti diversi, ma il meccanismo è simile a quello dell’esempio precedente. Dapprima un sistema fisico si trova in uno stato di minima energia ad alta simmetria. Quando qualche parametro esterno al sistema viene alterato (ad esempio la temperatura), il sistema passa improvvisamente in un nuovo stato di minima energia, che non ha più la simmetria iniziale.

Questo è esattamente ciò che avviene secondo il modello elettrodebole: alle altissime temperature presenti nell’universo subito dopo il big bang l’interazione elettromagnetica e quella nucleare debole erano unificate: al diminuire dell’energia, nel corso della successiva espansione dell’universo, la simmetria si è rotta spontaneamente, e le due interazioni si sono separate.

Il bosone di Higgs e l'origine della massa

Torniamo al problema dell’origine della massa. La modifica al modello elettrodebole proposta da Salam e Weinberg, e basata sul meccanismo di Higgs, prevede l’introduzione di un nuovo campo fondamentale che pervade tutto lo spazio: il campo di Higgs, a cui è associata una nuova particella, il bosone di Higgs (un po’ come al campo elettromagnetico è associato il fotone). È proprio il campo di Higgs a fornire la chiave per la rottura di simmetria dell’interazione elettrodebole e a spiegare perché le particelle hanno massa. Ad alte energie (come quelle presenti nell’universo primordiale) il campo di Higgs è simmetrico, l’interazione elettromagnetica e quella debole sono unificate, e tanto i bosoni W e Z che il fotone sono privi di massa. A basse energie (come quelle dell’universo attuale) non soltanto l’interazione elettromagnetica e l’interazione debole appaiono distinte, ma si altera anche la simmetria del campo di Higgs: ed è così, attraverso l’interazione con il campo di Higgs non più simmetrico, che i bosoni W e Z acquistano una massa, mentre il fotone ne resta privo.

Il meccanismo permette, in questo modo, di prevedere teoricamente la massa dei bosoni W e Z. In effetti, è possibile spiegare l’origine della massa di tutte le particelle elementari del modello standard attraverso la loro diversa interazione con il campo di Higgs. Un’analogia usata comunemente per rappresentare questa interazione è quella di immaginare palline di diversa grandezza e velocità che attraversano un fluido molto vischioso (come della melassa): il fluido si appiccica in modo diverso alle varie palline, rallentandole in misura maggiore o minore. Se il campo di Higgs non ci fosse, l’universo sarebbe fatto di particelle senza massa in moto alla velocità della luce!

Com'è fatto il bosone di Higgs?

Secondo la teoria, il bosone di Higgs deve essere privo di carica elettrica e di spin, ma la sua massa non può essere prevista in modo univoco. Restando nell’ambito del modello standard sono possibili diversi valori di massa, ma esistono anche estensioni del modello standard in grado di fare previsioni in un intervallo ancora più ampio. Bisogna quindi ricorrere agli esperimenti per misurare la massa del bosone e ottenere indizi sul modello teorico.

L’osservazione diretta del bosone di Higgs è però resa difficile dalla grande energia richiesta per la sua produzione negli acceleratori di particelle, e dal fatto che esso non esiste stabilmente per lunghi intervalli di tempo dal momento della sua creazione.

I risultati degli esperimenti ATLAS e CMS condotti al CERN, nell'acceleratore LHC, e annunciati questa mattina, mostrano che la nuova particella che potrebbe essere proprio il bosone di Higgs ha una massa di circa 125 GeV (per confronto, un protone ha una massa di circa 1 GeV, oltre cento volte più piccola).
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