6 dicembre 2011

Higgs?

Da qualche giorno circolano voci su un imminente annuncio del CERN a proposito del bosone di Higgs. Ha cominciato il Guardian, hanno continuato i soliti noti (Woit e Dorigo, tra gli altri) e ieri ne accennava Peppe Liberti sul suo nuovo blog.

Quello che è certo è che il 13 dicembre ci sarà un seminario pubblico dei portavoce degli esperimenti Atlas e CMS, i due esperimenti che stanno cercando di inchiodare la particella (e che negli ultimi mesi hanno già ristretto parecchio il campo delle possibilità, come raccontava di recente Marco Delmastro). È ovvio prevedere che, quali che siano le novità, verranno rese note in quell'occasione.

Aspettiamo il giorno della verità, quindi. O meglio, il giorno del dubbio, dal momento che la certezza assoluta in fisica non esiste e, come diceva Feynman, "quando uno scienziato non conosce la risposta a un problema, ignora. Quando ha un'idea del risultato, è incerto. E quando è parecchio sicuro del risultato, dubita." A questo proposito, visto che la significatività del risultato (qualunque esso sia) sarà espressa in termini di un numero di "sigma", se volete farvi un'idea del grado di certezza (o di dubbio) dei fisici a proposito della faccenda potrebbe tornarvi utile sapere che cosa significa.

Immaginate di misurare una qualche quantità fisica. Lo strumento non avrà una precisione infinita e quindi, se ripetete la misura, il risultato non sarà sempre esattamente lo stesso. Potete però fare la media tra le misure e, se le misure sono veramente tante, potete essere abbastanza sicuri che questo valore medio sia vicino al "vero" valore della quantità che volete misurare. Quanto sicuri? Un modo intuitivo per capirlo è osservare quanto i valori misurati volta per volta fluttuano rispetto al valore medio.

Solitamente, noterete che le misure saranno per la maggior parte concentrate entro un certo intervallo attorno alla media, e che solo raramente se ne discosteranno di molto. Per esempio, la media delle vostre misure potrebbe essere esattamente 1 (non molto realistico, ma è solo un esempio), e le singole misure essere roba del tipo 1.3, 0.8, 0.7, 1.2, e così via. Una buona misura dell'intervallo entro cui cade la maggior parte dei dati è fornita da una quantità statistica chiamata "deviazione standard", che si indica con il simbolo σ: sigma, appunto.

Se volete sapere come calcolare σ, ecco la ricetta (se invece non vi interessano i dettagli, passate al paragrafo successivo): sottraete la media alle singole misure, ottenendo gli scarti (nell'esempio di prima, 0.3, -0.2, -0.3, 0.2, e così via); poi prendete il quadrato degli scarti, fatene la media e infine la radice quadrata.

Bene. Continuando con l'esempio, supponiamo che abbiate trovato che il σ delle vostre misure è 0.3. La cosa importante è che, se le fluttuazioni della vostra misura sono dovute solo al caso, la statistica vi dice che il valore "vero" della quantità che cercate ha il 68% di probabilità di essere compreso in un intervallo di più o meno un σ attorno alla media dei dati (ovvero, nel nostro caso, tra 0.7 e 1.3) [*]. Se volete essere ancora più sicuri potete allargare l'intervallo, arrivando fino a due σ dalla media (ovvero tra 0.4 e 1.6): in questo caso la probabilità che il valore "vero" cada lì dentro diventa del 95.5%. Se passate a tre σ (tra 0.1 e 1.9), la probabilità cresce ancora e arriva al 99.7%.

Insomma, non siete mai completamente certi, ma la vostra confidenza che la misura sia contenuta entro un certo intervallo aumenta se ampliate l'intervallo di sigma. Detto così sembra la scoperta dell'acqua calda, ma guardiamo la cosa da un altro punto di vista.

Supponiamo che vogliate decidere se una certa ipotesi è falsa. L'ipotesi potrebbe essere, per esempio, "esiste una certa particella X". Il vostro modello prevede che, se la particella non esiste — ovvero nella cosiddetta ipotesi nulla — i vostri dati dovrebbero avere una certa media e un certo σ. I dati che avete raccolto, invece, hanno una media diversa, cosa che potrebbe essere spiegata dalla presenza della particella che state cercando disperatamente, ma anche semplicemente da una fluttuazione casuale dei dati. Come fate a decidere tra i due casi? Be', potete essere ragionevolmente confidenti che, se la media dei dati raccolti si allontana da quella prevista nell'ipotesi nulla di un numero di σ abbastanza grande, la probabilità che la cosa sia dovuta a un colpo di sfortuna è molto bassa. Per esempio, se siete lontani 3 σ dall'ipotesi nulla avete solo lo 0.3% di probabilità che la cosa si sia verificata per accidente: in altre parole, ripetendo l'esperimento 1000 volte, otterreste quel risultato solo 3 volte, se fosse prodotto dal caso. Se siete lontani solo 1 σ, avete invece ben il 32% per cento di probabilità che la cosa sia casuale. (Naturalmente, tutto ciò assume che la vostra stima di sigma sia corretta e che nei vostri dati non si nascondano errori sistematici, ovvero errori non casuali, che alterano la media delle misure.)

Ecco spiegato perché i risultati vengono presentati dichiarando di quanti sigma si allontanano dall'ipotesi nulla. Maggiore è il numero di sigma, maggiore la confidenza di aver fatto una scoperta. In genere, i fisici non considerano nemmeno un risultato a meno di 3 sigma, e iniziano a parlare di scoperta solo da 5 sigma in poi (quando la probabilità che il risultato sia dovuto al caso è meno di una su un milione). La recente misura della velocità dei neutrini, per esempio, si allontana di ben 6 sigma da quanto previsto nell'ipotesi che essi viaggino a velocità uguali o minori a quella della luce. Il che significa che è difficilissimo che sia dovuta a qualche effetto casuale, ma lascia ovviamente aperta la possibilità di errori sistematici.

Ad ogni modo, quando tra pochi giorni arriveranno notizie da LHC, spero che avrete qualche elemento in più per farvi un'idea.

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[*] Più correttamente, se il valore "vero" fosse quello stimato, una misura successiva della stessa quantità avrebbe il 68% di probabilità di cadere nell'intervallo di più o meno un sigma attorno alla media.
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