4 agosto 2011

Collisioni cosmiche

Immagine tratta da Feeney et al., arXiv:1012.1995v3
Il nostro universo è un bel flipper: si scontrano tra loro i pianeti, le stelle, le galassie e persino gli ammassi di galassie. Ma lo scontro tra universi sembrerebbe un'esclusiva della fantascienza. Eppure, se davvero il nostro universo è solo uno tra i tanti che popolano un più vasto multiverso, qualche tipo di collisione tra universi potrebbe non essere impossibile. E uno scontro del genere qualche traccia dovrebbe lasciarla: si tratta di trovarla.

Alcuni miei colleghi ci hanno provato, e hanno appena pubblicato due articoli paralleli (ma nello stesso universo, ah ah) per spiegare quello che hanno trovato (gli articoli sono questo, più breve, apparso su Physical Review Letters, e questo, che si dilunga in dettaglio sui metodi usati). Normalmente, le diverse regioni che popolano il multiverso sono ritenute talmente vaste che il loro "confine" dovrebbe cadere fuori dall'orizzonte cosmologico (ovvero, la porzione di universo che siamo in grado di osservare). Questo è il motivo per cui molti cosmologi (tra cui il sottoscritto) sono a disagio con l'idea del multiverso: sembrerebbe un'ipotesi impossibile da mettere alla prova scientificamente. Ma esistono modelli specifici in cui la "collisione" tra diverse regioni potrebbe dare luogo a manifestazioni osservabili, sotto forma di strutture circolari nella radiazione cosmica di fondo. Nella figura in alto c'è una simulazione di quello che si potrebbe osservare: in alto a sinistra, la traccia isolata della collisione, in alto a destra la stessa traccia come apparirebbe in una mappa della radiazione di fondo.

Ovviamente, vale sempre il discorso già fatto per la ricerca di tracce analoghe a queste: si tratta di identificare strutture regolari in una trama di macchie casuali, ed è fin troppo facile convincersi di vedere proprio quello che ci si aspetta. Ma in questo caso l'analisi è stata fatta con tutte le cautele del caso. (Al mio giudizio positivo sull'analisi non è estraneo il fatto che essa si basi su una tecnica di analisi delle immagini cosmologiche sulla cui genesi ho una qualche corresponsabilità. Anzi, per la verità alcune delle strutture identificate in questo studio le avevamo già trovate in questo lavoro, che però non tentava di dare una spiegazione in termini di questo o quel particolare modello teorico.)

Il risultato di questo primo tentativo, applicato ai dati del satellite WMAP, sembra negativo: gli indizi non sono abbastanza significativi per dire di aver trovato le prove dell'esistenza di altri universi. Il che porta comunque a escludere certe classi di modelli; e fa sperare che con dati migliori, come quelli che sta raccogliendo attualmente Planck, si possano fare ulteriori progressi.

Continuo a rimanere scettico sulla possibilità di mettere alla prova l'ipotesi del multiverso. Ma se c'è qualche speranza, direi che è proprio in questa direzione.
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