7 settembre 2010

Il difficile mestiere del cosmologo



Che c'entra l'origine dell'universo con dio e la religione? Me lo chiedo ogni volta (sempre una di troppo, per quanto mi riguarda) che succede una cosa come quella successa la settimana scorsa con le dichiarazioni di Stephen Hawking e col successivo, logoro, dibattito. La mia risposta, è sempre la stessa. Non c'entra molto. O meglio, c'entra un po' come c'entra con qualunque altra cosa. Studiare l'origine del cosmo non ha niente di speciale da questo punto di vista, e non vi aiuterà a risolvere, in un modo o nell'altro, i vostri eventuali problemi irrisolti con la divinità.

Se avete un po' di pazienza provo a spiegarvi perché. È un post un po' lungo, pieno di roba noiosetta e neanche così originale, ma lo faccio una volta per tutte per non doverci tornare mai più. Lo legga solo chi non ha ancora superato la fase delle dispute ottocentesche.

1. Che significa origine dell'universo? Significa che l'universo spunta fuori dal nulla? Che il tempo è nato insieme all'universo? Che c'era qualcosa prima, magari da sempre, e quello che chiamiamo "il nostro universo" è solo un sottoinsieme di ciò che esisteva già? Significa che ne nascono infiniti in continuazione? Significa che è iniziato e finito un numero infinito di volte, ciclicamente? Scientificamente siamo in grado di descrivere in modo assolutamente sensato tutte queste possibilità, e anche altre, ma quale sia quella giusta non lo sappiamo, e dubito che lo sapremo presto. Quello che invece sappiamo (e lo sappiamo davvero, non fatevi illusioni sul contrario) è che il nostro universo, quello che possiamo osservare e indagare scientificamente, tredici e passa miliardi di anni fa era in uno stato molto diverso da quello attuale, ma che riusciamo a descrivere ricorrendo alle leggi della fisica; così come riusciamo a descrivere, usando le stesse leggi, il processo che lo ha portato da quello stato a quello che vediamo oggi. Punto.

2. Se lascio un sasso e il sasso cade sul pavimento, nessuno ci trova niente di strano. Non c'è bisogno di invocare chissà quali meccanismi occulti. Abbiamo una spiegazione perfettamente naturale, la forza di gravità. Penso che siamo tutti d'accordo. Quello che ripete per la milionesima volta Hawking - non è un suo argomento originale, è roba vecchiotta, e la conoscono tutti i cosmologi - è che l'origine del nostro universo, per le leggi della fisica, è un evento naturale tanto quanto la caduta del sasso. Non c'è bisogno di tirare in ballo violazioni di princìpi o di leggi fisiche note, o interventi miracolosi. Perciò se la vostra unica motivazione per credere in un dio è che non riuscite a spiegarvi l'origine dell'universo (e a me sembrerebbe un motivo un po' semplicistico per credere in un dio), ne potete fare a meno. Sarebbe come credere in un dio perché un sasso cade per terra.

3. Che faccio se vedo un sasso che dal pavimento improvvisamente si alza in aria e finisce sul tavolo? Qualcosa di strano c'è, e anche su questo siamo tutti d'accordo. A questo punto: (a) sono un naturalista - ovvero sono convinto che tutto quello che accade, per quanto apparentemente strano, vada spiegato rimanendo nell'ambito di fenomeni e cause materiali - e allora vado in cerca di una spiegazione fisica, che deve esserci per forza, indipendentemente dal fatto che io sia così bravo da riuscire a trovarla, oppure (b) invoco un intervento sovrannaturale, un miracolo. In ultima analisi, essere del tipo (a) o del tipo (b) è una scelta. Se sono del tipo (a) non trovare una spiegazione fisica non mi convincerà a diventare del tipo (b). Mai. Se invece sono del tipo (b) allora sono soddisfatto fin dall'inizio, e la spiegazione materiale neanche la cerco. Se qualcuno del tipo (a) la trova, il mio essere aperto a spiegazioni miracolose non viene intaccato in generale. Invocherò comunque un miracolo come prima spiegazione possibile la prossima volta che non capirò qualcosa. (Al limite, il tipo (b) più estremo può fare il giro completo e dire che anche la forza di gravità è un miracolo.)

4. L'origine dell'universo è forse un evento simile a un sasso che dal pavimento balza sul tavolo? Per l'ennesima volta: no. È come un sasso che cade verso il pavimento. In ogni caso, se anche l'origine dell'universo assomigliasse a un sasso che dal pavimento balza sul tavolo, ovvero fosse un fenomeno apparentemente incomprensibile in base alle leggi della fisica, chi è del tipo (a) vorrebbe comunque trovare una spiegazione fisica. La vorrebbe trovare Hawking, che è ateo, ma la vorrebbe trovare qualsiasi fisico, qualunque sia il suo orientamento religioso. Se non fosse così, non sarebbe un fisico, visto che il fisico (almeno finché esercita la sua professione) appartiene per definizione alla categoria (a). Questa è una delle ragioni per cui non capisco cosa abbia a che fare l'origine dell'universo con il credere in un dio. Non ha che fare nemmeno con il decidere se appartenere al tipo (a) o al tipo (b), perché quella è una precondizione, un modo in cui ci si pone di fronte ai problemi.

5. Un'altra ragione per cui mi sfugge il nesso è che, in realtà, l'origine dell'universo non è nemmeno un momento diverso da qualunque altro momento. È uno degli eventi del mondo fisico, qualitativamente identico al momento in cui state leggendo queste parole. L'istante "iniziale" può avere uno status speciale solo per chi ha una visione un po' ingenua delle cose (non c'è niente di male), per cui la risposta alla domanda "come è nato l'universo?" comporti la necessità di una causa precedente nel tempo, a sua volta priva di causa, che identificherà con un creatore (e non ci dilunghiamo sulle eventuali contraddizioni insite in questa ipotesi). Ma il fatto che credere in un creatore abbia qualche relazione con l'istante iniziale dell'universo è, appunto, ingenuo. Il mio campo è la cosmologia, non la teologia, ma mi pare che i teologi più raffinati, quando parlano di creazione, non parlino di inizio dell'universo nel tempo, ma di atto che sostiene l'essere, o roba del genere. E perché lo fanno? Perché così, anche se l'universo fosse eterno, per loro non cambierebbe nulla. Per dare conto della sua esistenza avrebbero sempre bisogno di una causa esterna (trascendente, per quelli che parlano bene). Superfluo ricordare che per uno scienziato, invece, tutto quello che accade nell'universo deve essere ricondotto a fenomeni e cause materiali a loro volta interne all'universo (immanenti, per quelli che parlano bene). Di nuovo: tipo (b) o tipo (a), a voi la scelta.

6. Cosa fa decidere una persona se il suo modo di porsi nei confronti delle cose deve essere di tipo (a) o di tipo (b)? Non lo so, è una faccenda complicata, e non sta a me rispondere. Immagino si possano tirare in ballo tanti motivi diversi. Direi però che il modo in cui ha avuto origine l'universo non è uno di questi (né, oserei pensare, le dichiarazioni di Hawking o del filosofo o teologo di turno).

7. In ogni caso, non capisco chi si dice credente e sta in trincea contro le spiegazioni scientifiche. Mi sembra uno che crede in un dio nello stesso modo in cui crede alla sedia su cui sta seduto, ma poi ha sempre paura che qualcuno gliela sfili facendolo cadere per terra.
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