21 aprile 2010

Metafisica

«Supponiamo che un ittiologo stia esplorando la vita negli oceani. Butta la rete nell'acqua e tira su una varietà di pesci. Nel guardare il pescato, procede come fa solitamente uno scienziato, sistematizzando ciò che esso mostra. Arriva a due generalizzazioni: nessuna creatura del mare è lunga meno di cinque centimetri, e tutte le creature del mare hanno le branchie. Entrambe le cose sono vere per ciò che ha pescato, ed egli assume, provvisoriamente, che esse rimarrebbero vere se dovesse ripetere la pesca un numero arbitrario di volte. Nell'applicare questa analogia, la pescata sta per l'insieme delle conoscenze delle scienze fisiche, e la rete sta per l'apparato sensoriale e sperimentale che usiamo per ottenerle. Gettare la rete equivale a fare un'osservazione; le conoscenze che non sono (o non possono) essere ottenute tramite un'osservazione non sono ammesse nelle scienze fisiche. Un osservatore esterno potrebbe obiettare che la prima generalizzazione è sbagliata. "C'è un mucchio di creature del mare più corte di cinque centimetri, solo che la tua rete non è adatta ad afferrarle." L'ittiologo ignora l'obiezione con sussiego. "Tutto ciò che non può essere preso dalla mia rete è per definizione fuori dagli scopi della conoscenza ittiologica." In breve, "Ciò che la mia rete non può prendere non è un pesce". Oppure — per tradurre l'analogia — "A meno che tu non stia semplicemente tirando a indovinare, stai vantando una conoscenza dell'universo fisico scoperta in qualche modo diverso dal metodo delle scienze fisiche, ed effettivamente non verificabile usando tale metodo. Sei un metafisico, puah!"»

— Arthur Eddington, The Philosophy of Physical Science [la traduzione è mia]
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