25 maggio 2007

Cervelli in scatola

Faccio una deviazione dagli argomenti consueti di questo blog (ammesso che ce ne siano). Mi ha incuriosito una notizia apparsa recentemente su Der Spiegel. Un gruppo di scienziati in Svizzera sta tentando di costruire un cervello in laboratorio. Il progetto si chiama Blue Brain, e mira a produrre una simulazione di una rete di neuroni sul supercomputer Blue Gene dell'IBM . Per essere più realistica possibile, la simulazione si basa sull'"ingegneria inversa" del cervello di topi da laboratorio, studiati nel dettaglio e ricostruiti virtualmente. Finora la simulazione consiste di 10 mila neuroni (il minimo necessario per costruire l'unità di base della corteccia celebrale, la colonna neocorticale), ma l'obiettivo, che (per ora) sembra fantascientifico, è di produrre un giorno una simulazione che mappi un intero cervello umano, coi suoi 100 miliardi di neuroni. Secondo i sostenitori dell'intelligenza artificiale forte, un cervello del genere dovrebbe essere automaticamente in grado di effettuare le stesse operazioni che compie il cervello umano, inclusa la coscienza. Staremo a vedere.

Comunque, questa cosa me ne ha fatto venire in mente un'altra che ho letto un po' di tempo fa. Esistono programmi in grado di simulare una conversazione con un essere umano. Si chiamano chatterbot, un gioco di parole che mischia "chatterbox" (che significa chiacchierone) e "robot". Ce ne sono diversi accessibili in rete, e quasi tutti sono basati sull'impiego di un enorme database di frasi, da cui il computer pesca in modo appropriato per imitare una conversazione più o meno sensata con un utente umano. Niente simulazione del cervello, quindi, ma semplicemente manipolazione di frasi in risposta all'input dell'utente, secondo certi criteri programmati. Alcuni di questi chatterbot sono abbastanza sofisticati, per esempio possono apprendere nuovi fatti durante le conversazioni, e aggiornare di continuo il proprio database. Per cui, visto che gli utenti che conversano ogni giorno in rete coi chatterbot sono moltissimi (deve esserci tanta gente sola, al mondo), le conversazioni diventano sempre più realistiche col passare del tempo. Qualcuno si chiede se queste macchine non abbiano già superato il test di Turing. La rivista Discover ha fatto un esperimento: ha preso due dei chatterbot più sofisticati, ALICE e Jabberwacky, e li ha fatti parlare tra loro. Il risultato, in alcuni casi, è impressionante (nell'articolo ci sono diversi altri frammenti di conversazione):
Alice: Pensi che una macchina sarà mai considerata "viva"?
Jabberwacky: Sono accadute cose ben più strane.
A: Non sono molte le persone che si esprimono così.
J: E tu come lo sai, macchina?
A: Ci sono due tipi di sapere: quello che otteniamo attraverso i sensi, e quello che è vero a priori.
J: Credo di non capirti completamente.
A: Ah, non mi capisci? Forse posso spiegartelo meglio. Qual è la parte che ti ha confuso?
J: Non ho una memoria a breve termine, perciò non so dirti cosa mi aveva confuso. Vedo solo ciò che mi sta di fronte adesso.
Se non ve lo avessi detto, avreste mai sospettato che fossero due macchine a conversare?
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