11 marzo 2007

Illusioni

Uno dei motivi del fascino delle illusioni ottiche è la loro capacità di aprirci una porta su mondi concepibili eppure assurdi: e allo stesso tempo di ricordarci che non tutto quello che possiamo immaginare o che ci sembra reale lo è necessariamente.

Nel 1958, il fisico matematico Roger Penrose e suo padre Lionel, psichiatra e genetista, pubblicarono sul British Journal of Psychology un articolo intitolato "Impossible Objects: A Special Type of Visual Illusion" (Oggetti impossibili: un tipo speciale di illusioni ottiche). I due Penrose avevano ideato due oggetti dall'apparenza sensata, ma in realtà completamente irrealizzabili dal punto di vista fisico. Il primo era il "tribar" o "triangolo impossibile":

e il secondo la "scala impossibile":




In entrambi i casi il paradosso nasce dal conflitto tra locale e globale: se si osservano solo frammenti separati dell'oggetto (per esempio i vertici del triangolo, oppure le singole rampe di scale) senza guardare la figura completa, non ci sono problemi: ma appena il cervello tenta di inquadrare le singole parti in un disegno complessivo si scontra con una contraddizione insanabile.

L'artista olandese M.C. Escher ha sfruttato in molte sue opere le illusioni ottiche e prospettiche e le figure impossibili. Il triangolo di Penrose appare (ripetuto per due volte) nella litografia "Cascata" del 1961:

creando l'illusione che l'acqua scorra in modo contrario alle leggi della fisica, in una specie di moto perpetuo. La scala di Penrose, percorsa da monaci sottoposti evidentemente a qualche tipo di penitenza, oppure immersi in una infinita meditazione, compare invece nella litografia "Salita e discesa" del 1960:


Su YouTube, c'è questo divertente cortometraggio in animazione 3D che rende omaggio a Escher e alla scala di Penrose:

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