13 novembre 2006

Una playlist spaziale


L'idea di questo post mi è venuta guardando la puntata di Ottoemezzo di venerdì scorso, in cui si parlava del libro Playlist di Luca Sofri. A un certo punto Giuliano Ferrara ha canticchiato una canzone (cinese?), dicendo che era andata "addirittura" nello spazio. In realtà sono diversi i brani musicali mandati in orbita nel corso degli anni, e gli stessi astronauti si portano di solito la loro bella scorta di musica (pare che lassù vadano forte i Pink Floyd). Ma in quanto a playlist vere e proprie, in questo momento c'è n'è una che viaggia nello spazio più lontano di quanto abbia mai viaggiato nessun altro prodotto dell'uomo, in rappresentanza (secondo le intenzioni degli ideatori) dei gusti musicali del genere umano. Si trova sulla sonda Voyager, che in questo momento è ai confini estremi del sistema solare (ad agosto era 100 volte più lontana dal Sole della Terra).

Quando la Voyager fu lanciata, nel lontano 1977, si pensò all'improbabile evenienza che essa potesse un giorno essere intercettata da qualche altra civiltà intelligente, e per questo si decise di mettere a bordo un bel po' di materiale "promozionale". Per lo più foto, ma anche parecchi documenti audio: suoni dal pianeta Terra, saluti in varie lingue, e soprattutto una selezione di brani musicali: una playlist, appunto.

Ora, la prima cosa curiosa è che la playlist fu registrata su un supporto che nel frattempo è diventato completamente obsoleto: un vinile, diremmo, se non fosse che in realtà il disco è fatto d'oro. Altro che mp3. L'altra cosa interessante è dare un'occhiata ai brani contenuti in questa "compilation definitiva", il "very-best-of" della musica prodotta dall'uomo. Se eventuali alieni dotati di orecchie riuscissero a decifrare le istruzioni contenute a bordo e a far suonare il disco, sentirebbero 27 pezzi per un totale di 90 minuti di musica. Stravince Bach (3 pezzi), seguito da Beethoven (2). Mozart ne ha solo uno, come Stravinskij. Poi c'è un sacco di musica tradizionale di varie culture. Niente rock/pop, a parte "Johnny B. Goode" di Chuck Berry. Il jazz è rappresentato da un solo pezzo, di Louis Armstrong.

Però c'è "Dark was the night" di Blind Willie Johnson, di cui si parlava nel documentario di Wenders "The soul of a man".
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