27 novembre 2006

Stato di paura


Il caso vuole che abbia appena finito di leggere "Stato di paura", il libro di Michael Crichton uscito un paio di anni fa, e che Time di questa settimana dedichi la copertina alle paure immotivate che ci vengono instillate ogni giorno dai mezzi di informazione.

Crichton ha sempre avuto un interesse per il modo in cui la scienza influenza le nostre vite: soprattutto migliorandole (Crichton ama la scienza e la tecnologia, non è un fautore del ritorno a un mondo arcaico), ma allo stesso tempo creando nuovi rischi che vanno tenuti sotto controllo. Come thriller, "Stato di paura" è fiacco e prevedibile, e si capisce lontano un miglio che in questo caso per Crichton la trama è un semplice pretesto per parlare di quello che gli sta davvero a cuore: il tema è quello dei cambiamenti climatici (veri o presunti), del catastrofismo ambientalista, e della manipolazione della scienza a scopi politici. Crichton prende posizione in modo molto più forte che in passato, se non altro perché non parla di cose che sembrano ancora vagamente fantascientifiche (dinosauri clonati che prendono il sopravvento in "Jurassic Park", dispositivi nanotecnologici sfuggiti di mano ai loro ideatori in "Preda") ma di un argomento che sembra toccarci tutti da vicino. Scremato degli espedienti che servono solo da avanzamento per l'intreccio (piuttosto esile: un gruppo di estremisti ambientalisti che scatena una serie di finti disastri naturali) quello che resta del lungo (troppo) libro di Crichton è una specie di pamphlet sul riscaldamento globale e sulle sue cause. Un saggio sicuramente controverso (secondo Crichton l'allarmismo sul riscaldamento globale è ingiustificato), ma che può stimolare e mettere voglia di saperne di più.

Lasciando da parte la polemica sui mutamenti climatici, è comunque vero che la scienza dovrebbe servire a distinguere la realtà dalla propaganda, la verità dalla disinformazione, non a soffiare sul fuoco di allarmi immotivati. Leggendo l'inchiesta di Time si capisce quanto si abbia bisogno di un maggiore spirito critico, di fronte a continue minacce di catastrofi che hanno una bassa probabilità di avvenire ma che fanno presa sulla parte più emotiva di chi le subisce.
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